The Great Resignation – che tradotto è La Grande Rassegnazione – è un fenomeno ormai consolidato negli Stati Uniti, dove il tasso di dimissioni è cresciuto al 2,9% dell’intera forza lavoro, con un aumento di 242mila unità rispetto al mese precedente. E in Italia?

Le motivazioni che spingono i dipendenti a dimettersi sono le più varie: da paghe troppo basse, alla paura di contrarre il Covid-19. E proprio a seguito alla pandemia, in molti hanno iniziato a ripensare al concetto del lavoro, soprattutto in rapporto alla qualità della vita. Ad oggi sempre più persone sentono di aver raggiunto il limite, il cosiddetto burnout.

“Il burnout è il preludio alle dimissioni” ha spiegato Anthony Klotz, psicologo dell’università del Texas che ha coniato il termine “Great Resignation”. Secondo Klotz nei mesi del lockdown abbiamo avuto il tempo e le motivazioni per chiederci: “mi piace davvero la traiettoria della mia vita? Sto lavorando al mio benessere?” Riflessioni che hanno interessato tutti, anche se negli Usa a dimettersi sono state soprattutto le donne. A settembre 300mila donne hanno lasciato il posto di lavoro.

E in Italia?

I dati più aggiornati del ministero del Lavoro si riferiscono al secondo trimestre del 2021 e contengono un aumento considerevole del numero di contratti terminati a causa di dimissioni del dipendente. Tra aprile e giugno si registrano 484mila dimissioni (292mila da parte di uomini e 191mila da parte di donne), su un totale di 2,5 milioni di contratti cessati. Rispetto al trimestre precedente l’incremento è del 37%.

Se l’aumento si dimostrasse temporaneo potrebbe essere interpretato come la conseguenza di un mercato del lavoro “congelato” per molti mesi, sia per l’andamento del ciclo economico sia per le politiche pubbliche adottate per fronteggiare la crisi (come la cassa integrazione Covid). Se invece il tasso di dimissioni dovesse rimanere su livelli alti per un tempo prolungato, allora occorrerebbe chiedersi: chi sono i lavoratori che si dimettono? Lavoratori impiegati in professioni manuali o in professioni intellettuali? E dopo le dimissioni, cosa accade loro? Trovano subito impiego, magari in un altro settore? La crisi da Covid-19 potrebbe infatti aver accelerato un fenomeno di ricollocamento della forza lavoro, creando le condizioni affinché i lavoratori si spostino da settori in difficoltà (come ristorazione e turismo) a settori in crescita (come quelli relativi alla salute e alle nuove tecnologie).