Smart working: l’Italia si prepara a renderlo la norma
Buone notizie per i lavoratori agili. L’ormai prossima conversione del decreto rilancio e il prolungamento dello stato d’emergenza fino al 31 dicembre danno un futuro allo smart working.
Fino a fine anno le aziende private sono incentivate a proseguire con il lavoro agile che sarà – invece – un diritto per i lavoratori con figli fino a 14 anni (a patto che entrambi i genitori abbiano un’occupazione).
Diversa la situazione nella pubblica amministrazione. In questo caso il 50% dei dipendenti continuerà a lavorare in smart working. Una percentuale che è destinata a salire fino al 60% entro il 2021.
D’altro canto c’era da aspettarselo. Lo stato d’emergenza sarebbe dovuto durante fino al 31 luglio, ma gli esperti hanno manifestato la loro preoccupazione per l’arrivo di una seconda ondata in autunno. A ciò si aggiunge il permanere dell’incertezza in tema di scuola e istruzione. Risultato: l’esecutivo non vuole rischiare di riavviare una macchina destinata a spegnersi dopo poche settimane.
Sorprende, invece, la disponibilità del Governo a rendere strutturale lo smart working. A tale scopo infatti, insieme all’articolo 90 del decreto rilancio, è stato presentato un disegno di legge.
Prima firmataria l’onorevole Valentina Berzotti (M5s) per cui gli oltre gli oltre quattro milioni di lavoratori interessati dal lavoro agile necessitano di un intervento strutturale, mancato durante il lockdown a causa dei tempi stretti e dallo stato di emergenza.
A dirlo è anche l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano. L’Italia, infatti, non era pronta a una rivoluzione del genere: lo scorso anno i lavoratori agili erano appena 570mila, il 20% in più rispetto al 2018.
Un aumento minimo rispetto alla popolazione lavorativa del Bel Paese. Infatti, sempre secondo l’Osservatorio, considerando unicamente i “white collar”, operanti con almeno 10 addetti, potremmo affermare che in Italia ci sono almeno 5 milioni di lavoratori dipendenti che potrebbero accedere allo smart working, con una penetrazione del 10%.
La suddetta previsione, tuttavia, non tiene conto delle prospettive future. Il progresso tecnologico, infatti, renderà accessibile il lavoro agile anche per un’altra platea di lavoratori. Operai, manutentori, addetti al retail, operatori di sportello sono solo alcune delle mansioni considerate rigide e vincolanti oggi destinante a diventare smart. In questo modo, gli smart worker italiani arriverebbero a raggiungere quota 18 milioni.
Inoltre, serve cultura lavorativa flessibile. Gli strumenti tecnologici, da soli, sono insufficienti: bisogna imparare a lavorare in maniera più efficiente, guardando i risultati e non il tempo passato davanti al pc.
Di questo avviso è il Movimento 5 Stelle di concerto con il Ministro del lavoro Nunzia Catalfo fondatori dell’ Osservatorio nazionale per il mercato del lavoro. L’istituto si occuperà di individuare i bisogni sorti dalla trasformazione del mondo professionale, oltre ad adattare la formazione di base alla nascita di nuove figure professionali.
N0n solo. Il disegno di legge dei M5s punta anche a garantire un nuovo equilibrio tra interessi dei lavoratori e delle aziende. Adesso che lo smart working è entrato prepotentemente nelle dinamiche aziendali è necessario non solo renderlo strutturale, ma anche fissare dei limiti tra attività lavorativa e vita privata.
Fonte: it.businessinsider.com