Il lockdown ha costretto molti lavoratori a cambiare abitudini. Negli ultimi due mesi abbiamo imparato a gestire l’attività lavorativa da casa, tentando di conciliarla con la nostra vita privata, e con tutto quello che le nostre mura domestiche rappresentano.

In effetti scollegare la spina, quando tutto si concentra in un unico spazio, per lunghe settimane, non è facile. LinkedIn ha voluto vederci chiaro: una ricerca condotta dal più importante social network per professionisti ha coinvolto oltre 2000 italiani che stanno a continuando a lavorare da casa, per capire come lo smart working ne stia influenzando la salute mentale. I risultati sono stati commentati dall’Ordine degli Psicologi.

I dati nel dettaglio

Il 46% degli intervistati ha ammesso di sentirsi più ansioso e stressato dal lavoro rispetto a prima. Non solo. Il 48% dichiara di lavorare di più, superando le canoniche 8 ore lavorative: in media i dipendenti lavorano un’ora in più al giorno, accumulando ben 20 ore di straordinari, che vuol dire 3 giorni di lavoro extra al mese. Il 22% di coloro che hanno partecipato alla ricerca, inoltre, si sente pressato dal dover essere costantemente disponibile, per questo fatica a staccare la spina.

Il lavoro extra è dovuto, probabilmente, alla preoccupazione circa il futuro lavorativo. Il 16% degli intervistati, infatti, teme per la sopravvivenza della propria azienda, e il 18% si dice preoccupato per la propria salute mentale, minacciata dallo stress legato allo smart working.

Il lockdown, tuttavia, ha anche effetti collaterali positivi. Se una parte dei lavoratori si dice stressato dall’aumento delle ore lavorative, il 50% degli intervistati ha tratto beneficio da questa situazione, trascorrendo il tempo libero con i propri familiari. A ciò si aggiunge un 11% che ammette di essere riuscito a migliorare le relazioni personali durante la quarantena. A questo aspetto positivo si aggiungono abitudini alimentari più sane (27%) e più esercizio fisico (14%).

Oltre alla salute fisica non bisogna sottovalutare quella psicologica. In questo caso, ahimè, i risultati non sono confortanti. Oltre al 18% stressato dallo smart working, c’è un 27% dei lavoratori che lamenta disturbi del sonno, un 22% affetto da qualche forma d’ansia e un 26% preoccupato dalla perdita di concentrazione.

L’opinione degli esperti

A tal proposito l’Ordine degli Psicologi avverte circa i rischi di questa situazione: se non sarà gestita tempestivamente, potrebbe causare burnout.

Secondo Laura Parolin, vice presidente dell’Ordine degli psicologi ““il lavoro da casa e l’impossibilità di uscire ci ha obbligato a una ridefinizione repentina degli equilibri tra lavoro, famiglia e tempo libero. L’organizzazione del lavoro prima della pandemia consentiva di evadere e prendere le distanze dagli altri ambienti di vita, una possibilità che ora manca, costringendoci al confronto costante con l’isolamento o alle relazioni con i conviventi, spesso con la difficoltà di definire un soddisfacente work-life balance. È comprensibile sentirsi smarriti e frastornati dalla novità, tuttavia è altrettanto cruciale sfruttare il ritrovato contatto con sé stessi per imparare ad ascoltarsi e ripensare emozioni, ansie, paure. Quando le persone vivono una grande incertezza, è normale che questa si trasformi in ansia o paura, soprattutto quando si teme di perdere il lavoro, come i rivelano i dati di LinkedIn. Sono proprio questi tipi di situazioni che evidenziano lo stretto legame tra il nostro benessere psicologico, la produttività e la capacità di lavorare in team. Le aziende dovranno prevedere azioni di welfare aziendale specifiche (sportelli, voucher, convenzioni) per il sostegno psicologico ai dipendenti in modo da assicurare che il loro benessere sia tutelato, e i lavoratori non dovranno temere di far riferimento ai professionisti coinvolti”.

Fonte: agi.it