L’economista austriaco Anton Korinek ha firmato numerosi lavori sull’impatto della tecnologia sull’occupazione. Il suo ultimo paper, firmato con Megan Juelfs, si intitola “Preparing for the (Non-Existent?) Future of Work” e disegna uno scenario nel quale gli uomini non potranno e non dovranno più lavorare.

Lo studio prende in considerazione uno scenario nel quale il lavoro, a causa della “concorrenza” delle macchine, non esista più o non sia più conveniente. Più precisamente uno scenario in cui la manodopera diventa economicamente superflua e viene sostituita da macchine autonome il cui costo è inferiore a quello di un salario che consenta la sussistenza del lavoratore.

Korinek e Juelfs passano in rassegna alcuni fattori che operano in direzione contraria rispetto allo scenario della sparizione del lavoro e la soluzione che individuano è un reddito di base universale, cioè da erogare a tutti e svincolato dalla prestazione lavorativa: un reddito che “non impone ai beneficiari di lavorare né li scoraggia attivamente dal farlo”.

In una logica di mercato, i lavoratori, il cui sostentamento dipende dal reddito di lavoro e dal patrimonio accumulato, finirebbero progressivamente per impoverirsi fino a morire di stenti. Ma il drastico calo dei costi di produzione ottenuto affidandola completamente a macchine poso costose consentirebbe una produzione economica e una crescita enormemente superiore, mettendo lo Stato in condizione di distribuire parte del surplus generato dalle macchine autonome agli ex lavoratori per compensarli delle perdite subite.

Tutto ciò richiederebbe un progressivo spostamento della tassazione dai redditi da lavoro a quelli di natura diversa.

Secondo gli autori, se saremo in grado di prepararci a questo scenario mettendo in piedi le giuste istituzioni economiche per distribuire l’abbondante produzione, potremmo essere in grado di realizzare il sogno di Arthur C. Clarke secondo cui “l’obiettivo del futuro è la piena disoccupazione, così possiamo giocare”.