Quasi un lavoratore su due è già in atto per cambiare impresa
Il grande fenomeno delle dimissioni (great resignation) incombe, non più solo sugli Usa, ma ormai anche in Europa e Italia, come evidenziato dal rapporto Randstad Workmonitor sul primo semestre 2022.
«Si denuncia un disallineamento diffuso – spiega Marco Ceresa, Group Ceo di Randstad – soprattutto sui valori di riferimento, con una richiesta di maggiore flessibilità, orari e smart working, e la frustrazione per un mancato sviluppo professionale».
Così, se il Workmonitor indica che quasi uno su due è già in atto per cambiare impresa, un ulteriore 24% dei dipendenti «lo farà a breve», con un’incidenza più alta sempre tra le fasce giovanili.
«Le dimissioni in Italia sono lo specchio di due fenomeni correlati – spiega Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio HR Innovation Practice – da una parte il crescente malessere dei lavoratori, spesso non adeguatamente identificato dalle organizzazioni, e dall’altra la volontà di dare un nuovo significato al lavoro, per cui molte persone oggi cambiano anche a condizioni economiche inferiori, per seguire passioni e interessi personali o conseguire maggiore flessibilità. Di minor rilievo, rispetto a quanto documentato in altri Paesi come gli Usa, è invece il desiderio di abbandonare del tutto il mondo del lavoro, indicato in Italia come ragione di possibili dimissioni solo dal 6% dei lavoratori. In questo quadro che sta mettendo in crisi il mercato del lavoro e i tradizionali modelli organizzativi è fondamentale il ruolo della Direzione HR, a cui si richiede una funzione guida per portare l’organizzazione a un modello di lavoro “sostenibile”, che metta al centro il benessere dei lavoratori, il loro coinvolgimento e la loro impiegabilità».