Mobility manager: chi è e perchè è importante nel mondo post Covid-19
Il Governo sta pensando di rendere obbligatoria l’assunzione di un mobility manager, per tutte le aziende con almeno 100 dipendenti e per gli enti pubblici. La probabile decisione è stata annunciata dal Ministro dei Trasporti Paola De Micheli, in occasione dell’interrogazione sul tema Fase 2 e mobilità, prospettando anche l’ipotesi di un “bonus mobilità” di 200 euro, per incentivare l’uso di monopattini elettrici, bici a pedalata assistita o di altri veicoli a propulsione.
Il Ministro ha posto la lente d’ingrandimento su una figura professionale che esiste da anni, ma che è tutt’oggi poco conosciuta. Il mobility manager nasce in Italia alla fine degli anni 90 quando, in seguito al protocollo di Kyto, venne emanato il decreto Ronchi, il quale istituiva questa nuova figura professionale, responsabile della gestione del traffico congestionato e dell’impatto dell’inquinamento sulla salute dei cittadini.
Detto ciò, il mobility manager è indispensabile nella Fase 2. Il suo ruolo, tuttavia andrà ripensato: se prima si concentrava sul convincere i dipendenti ad abbandonare l’auto in favore dei mezzi pubblici, oggi l’uso di quest’ultimi potrà essere favorito solo se sarà possibile garantire il distanziamento sociale.
Esistono due tipi di mobility manager. C’è quello aziendale, a cui si riferisce il Ministro De Micheli, chiamato a gestire gli spostamenti dei dipendenti da casa al luogo di lavoro e viceversa. E quello di aerea, che si occupa dell’offerta di trasporto, la quale varia a seconda della domanda, dunque in base agli interventi del mobility manager aziendale. A queste due figure si aggiunge il mobility manager scolastico, introdotto nel 2015 e responsabile del coordinamento degli spostamenti da scuola a casa sia degli alunni che del personale.
A dare migliori delucidazioni sul ruolo e le competenze del mobility manager è Euromobility. L’associazione di categoria spiega che questa figura manageriale deve avere competenze di comunicazione, marketing, capacità relazionali e anche conoscenze di tecniche di logistica. Inoltre, il mobility manager deve saper analizzare la situazione e capire quali sono i migliori metodi di mobilità. A ciò si aggiunge la necessità di dimostrare buone doti organizzative, che gli consentano di relazionarsi con tutti gli attori, dai colleghi agli amministratori locali.
“L’obbligo di dotarsi di un manager competente sul tema trasporti e mobilità” – commenta le parole del ministro il presidente Federmanager, Stefano Cuzzilla – “non deve essere percepito dalle realtà aziendali di media dimensione come un costo aggiuntivo. È un elemento di assoluta necessità, introdotto secondo un principio di salvaguardia di tutte le componenti in gioco, sia imprese sia lavoratori. Per le imprese che non sono in grado di intervenire subito assumendo un manager, serve un’incentivazione fiscale, anche in forma di voucher, per sostenere l’inserimento. È importante” – sottolinea ancora Cuzzilla – “che si attinga dal grande bacino di manager, anche temporaneamente inoccupati, che hanno competenze tecniche e specializzate. Altrimenti rischiamo che queste funzioni siano attribuite a figure non manageriali solo per rispondere a un obbligo di legge, quando invece servono competenze adeguate”.
Come si diventa un mobility manager? E’ sufficiente una formazione umanistica o tecnica di base, a cui integrare corsi di specializzazione. Oltre a Euromobility, che organizza corsi di formazione, numerose Università propongono master e corsi di laurea.
In conclusione, questa figura professionale è indispensabile nella realtà che ci prepariamo ad affrontare. Il mobility manager potrebbe diventare una delle poche figure professionali, insieme a medici e infermieri, altamente richiesta dopo il Covid-19.