La diffusione del Coronavirus ha costretto molte aziende a ripensare le modalità di svolgimento dell’attività produttive. Con l’ultimo decreto, emanato sabato sera, è stata imposta la chiusura di tutte le attività che non producono servizi essenziali. I datori di lavoro non hanno più possibilità di scegliere: o smart working o ferie.

La fruizione delle ferie pagate è un diritto dei lavoratori, ma il periodo durante il quale poterne usufruire è deciso dal datore di lavoro, in linea con le esigenze dell’organizzazione e con un giusto preavviso, senza dimenticare l’attenzione agli interessi dei lavoratori.

Questo è ciò che dice la giurisprudenza al riguardo, ma come dovrà comportarsi il datore di lavoro davanti a una situazione del genere? Come già detto ci sono due strade possibili, o proporre ai propri dipendenti di continuare a lavorare in modalità smart, o intimarli a prendere le ferie. Imporre le ferie, seppur il Governo non obblighi nessuno a prendere questa decisione, è una scelta dettata dalla tutela della salute e del benessere dei lavoratori. Oltre a proteggerli da eventuali contagi, le ferie continuano a garantire la retribuzione dei dipendenti.

La decisione, tuttavia, è vantaggiosa solo in relazione alle ferie maturate: quelle maturande non devono essere intaccate, nel rispetto delle esigenze dei lavoratori. Rimane un altro punto da chiarire. La scelta di imporre le ferie non è ragionevole laddove sussista la possibilità di fare smart working: si tratterebbe di una decisione atta unicamente a ridurre i costi aziendali. In questo caso si potrebbe andare incontro a una ragionevole contestazione da parte dei lavoratori, che potranno legittimamente denunciare una cattiva condotta del datore di lavoro.

Dunque, lo strumento delle ferie è senz’altro utile a fronteggiare l’emergenza sanitaria. Ma dev’essere considerato un’alternativa, laddove strumenti più efficaci, quali appunto il lavoro agile, non possano essere adottati.