L’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus sta mettendo in ginocchio l’economia italiana. L’attività produttiva sta subendo notevoli rallentamenti ma, per fortuna, non si è fermata. Il merito è anche dello smart working, un metodo di lavoro alternativo che consente ai dipendenti di continuare a svolgere la loro professione rimanendo a casa.

Certo tutto questo non sarebbe stato possibile senza lo sviluppo tecnologico degli ultimi anni, accolto con entusiasmo dalle aziende italiane: le organizzazioni del Bel Paese hanno accettato la sfida imposta dal cambiamento digitale, dotandosi degli strumenti adeguati.

Lo smart working era stato adottato anche in un altro triste momento per l’Italia: nel 2018, in seguito al crollo del ponte Morandi, molti dipendenti, non potendo raggiungere il loro posto di lavoro, sono ricorsi al lavoro agile.

Dunque, in Italia i riflettori sullo smart working si sono accesi in situazioni di emergenza. Tuttavia, il lavoro da remoto non dev’essere inteso solo come una risposta alle situazioni di estrema difficoltà. È una modalità di lavoro alternativo sempre più diffusa: secondo i dati raccolti dall’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2019 570mila lavoratori hanno usufruito dello smart working, con un incremento del 20% rispetto all’anno precedente.

Il lavoro agile è disciplinato dalla legge 81/2017: siglando un accordo con l’azienda, il lavoratore ha la possibilità di lavorare senza vincoli di orario e senza una postazione fissa, sia in locali sia interni che esterni all’azienda, rispettando la durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale previsto dal contratto di lavoro.

In questi giorni lo smart working è stato semplificato ed applicato dalle multinazionali con migliaia di dipendenti e dalle realtà piccole come le agenzie di comunicazioni e gli studi legali. Riprendendo lo studio del Politecnico di Milano, aldilà dell’emergenza Coronavirus, la situazione cambia a seconda dell’entità delle imprese studiate: quelle grandi che ammettono di usufruire del lavoro agile sono 58 su 100, a cui si aggiunge un 7% che ha applicato iniziative informali, e un 5% che si dice disinteressata.

Ben diversa la situazione delle piccole e medie imprese: solo il 12% delle Pmi consente l’uso dello smart working, mentre più della metà, per l’esattezza il 51%, lo ignora. Una realtà poco entusiasmante, che diventa preoccupante se si considerano i numeri reali: la nostra economia si poggia su 3,7 milioni di piccole e medie imprese, che impiegano 9,8 milioni di lavoratori contro le 4.500 grandi imprese che impiegano 4,3 milioni di lavoratori. Le Pmi sono indietro anche rispetto alle pubbliche amministrazioni: nonostante solo il 16% delle Pa sia dotata di progetti per il lavoro agile, solo un percentuale ridotta, pari 7%, ne è disinteressata.

In effetti le piccole e medie imprese devono affrontare una duplice sfida: da un lato dotarsi degli strumenti tecnologici necessari, dall’altro poter contare su manager che, oltre ad avere competenze tecnologiche, devono saper adeguare i progetti alla nuova organizzazione prevista dallo smart working.

Se questo non accadesse, le piccole e medie imprese rischierebbero di non cogliere i vantaggi collegati al lavoro agile, rimanendo indietro. Secondo il Politecnico di Milano, lo smart working aumenta la produttività e riduce i costi. È stato stimato che, con un modello di lavoro agile maturo, la produttività toccherebbe i 13,7 miliardi di euro. Mentre con l’uso sistematico dello smart working per una settimana al mese, saremo capaci di risparmiare 135 kg di Co2 all’anno.

Cosa comporta lo smart working per i dipendenti? Innanzitutto ha effetti positivi sulla conciliazione della vita privata e di quella lavorativa. Inoltre, nel 32% dei casi, i dipendenti si dicono soddisfatti dei risultati professionali raggiunti da remoto. Ci sono anche degli aspetti negativi: maggiori fonti di distrazione, sensazione di isolamento, difficoltà nella comunicazione con colleghi e superiori.

In un momento difficile come quello attuale, lo smart working è una risorsa preziosa per la sopravvivenza della nostra economia. Sfruttarlo nel miglior modo possibile è importante per scoprirne i vantaggi e farne buon uso in futuro.