Disoccupazione femminile: la situazione in Italia
Recentemente l’ISTAT ha pubblicato il consueto report sulla disoccupazione del secondo trimestre del 2020. La relazione illustra il mercato dell’occupazione in Italia di uomini, donne, dipendenti e autonomi di diverse fasce d’età.
Le donne, insieme ai giovani, sono state tra le categorie maggiormente colpite e danneggiate dalla chiusura delle attività a causa del Covid-19. La pandemia sta trascinando via molte attività femminili come quelle legate ai settori del turismo, hospitality o degli eventi. I dati dell’ISTAT nel report parlano chiaro: in riferimento ad agosto, rispetto al 2019, il tasso di occupazione femminile ha perso 1,3 punti, scendendo dal 50,2% al 48,9%. Per gli uomini invece, la perdita si aggira su 0,7 punti passando dal 68% al 67,3%. Purtroppo, questa situazione non è una novità in Italia, dove la forza lavoro femminile sfiora il 50% rispetto a quella complessiva, con stipendi in media minori rispetto a quelli maschili, per la stessa mansione.
A conferma dei dati appena illustrati, sul blog del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) è possibile trovare un’analisi corredata da dati, sugli impatti della chiusura delle attività sulle categorie più vulnerabili, tra cui proprio le donne. I dati sulla mobilità forniti dalla società di telecomunicazioni Vodafone per Italia, Portogallo e Spagna mostrano che l’obbligo di lockdown e la relativa chiusura delle scuole hanno portato a un calo maggiore della mobilità delle donne rispetto agli uomini. Questo effetto è in grande parte dovuto all’onere sproporzionato che le donne devono affrontare nella cura dei figli, che può impedire loro di andare al lavoro, mettendo così a repentaglio l’opportunità di trovare lavoro e fare carriera.
I dati Vodafone rivelano inoltre, che il lockdown ha portato a un calo netto della mobilità delle persone di età compresa tra i 18 e i 24 anni e le persone tra i 25-44 anni che hanno figli piccoli di cui prendersi cura quando le scuole erano chiuse e avevano contratti di lavoro temporanei e precari. L’impatto maggiore su queste categorie minaccia di aumentare le diseguaglianze intergenerazionali.
Di conseguenza, stanno aumentando le richieste di interventi forti a sostegno delle donne e dell’occupazione femminile. Secondo l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), nel 2020, solo il 45% del tempo lavorativo delle donne viene retribuito, rispetto a un 67% degli uomini. Questo fenomeno accade perché le donne sono impegnate in attività di cura di bambini e anziani.
Fonte: Business Insider, OCSE, Fmi