L’importanza della comunicazione all’interno del mondo del lavoro è un tema estremamente attuale e che si sta sempre più professionalizzando: da uno studio recente della Mopi, associazione dei lavoratori del marketing e della comunicazione degli studi professionali, risulta che il 20% delle grandi realtà aziendali ha un proprio team di comunicazione e circa il 76% si serve di un’agenzia.

Occuparsi della comunicazione è un compito che richiede delle figure specializzate, soprattutto in settori dall’alta complessità tecnica: “Il mercato della comunicazione è in fortissima crescita e un numero sempre maggiore di realtà aziendali – spiega Andrea Camaiora, CEO e fondatore della società comunicazione The Skill – sentono la necessità di dotarsi di comunicatori. Ma è un settore che richiede competenza specifica”. Affidarsi a professionisti è necessario anche perchè un errore nella comunicazione non riguarda solo chi lo ha commesso, ma si riverbera sui colleghi, sull’azienda e anche sugli eventuali clienti.

Stiamo inoltre vivendo una fase di cambiamenti sociali che richiedono una forte innovazione anche degli stessi temi che vengono trattati. “Il trend che vedo adesso – spiega Gaia Francieri, presidente di Mopi – è quello della sostenibilità. La comunicazione sta diventando sempre più corporate e si raccontano i valori perché è proprio quello che il mercato richiede. Dopo la pandemia è diventato molto più diffuso spiegare quanto si è sostenibili, etici o dediti ad attività di charity. Non che gli studi non lo fossero anche prima, ma ora lo si dichiara”.

Ma passiamo ora alle regole da non dimenticare:

  1. Una volta pubblicato un messaggio sui social, questo non può essere cancellato senza conseguenze. “No take backs”, quindi pensiamo sempre all’impatto di ogni messaggio mei confronti dei vari pubblici e alle possibili ripercussioni!
  2. I social sono popolati da una platea indistinta di ascoltatori: non vi sono solo professionisti e addetti del mestiere: è necessario rendere il messaggio il più inclusivo possibile;
  3. La comunicazione corporate deve esplicitare i valori aziendali, dei quali il mondo post pandemia è sempre più ghiotto;
  4. Deve essere sempre presente coordinazione tra i professionisti che lavorano nella comunicazione: iniziative slegate tra loro si riflettono negativamente sull’immagine aziendale;
  5. Utilizzare i social per comunicare iniziative di marketing, employer branding e responsabilità sociale della propria azienda o attività lavorativa;
  6. Avere policy condivise all’interno del team in cui comunicazione ed etica devono procedere di pari passo;
  7. Il non utilizzo dei social media può sembrare la via più semplice, ma non è sempre la migliore: anche l’assenza dalla rete rappresenta una forma implicita di comunicazione;
  8. Utilizzare i social come supporto e strumento per promuovere le risorse interne all’azienda e la cultura aziendale;
  9. Riconoscere i propri errori, nel caso in cui vengano commessi: non è l’errore in sé che crea una cattiva reputazione, ma come esso viene gestito;
  10. Dopo un errore, è necessario impegnarsi per ricostruire la fiducia del proprio pubblico, costruendo un piano comunicativo ad hoc.

Il rapporto con i social, in conclusione, appare ancora complicato: quasi tutte le realtà lavorative possiedono un profilo su LinkedIn, anche quelle più piccole, dove promuovono il know how, il proprio marchio e fanno recruitment, ma ad oggi la tv, radio e carta stampata sono mezzi che in termini di autorevolezza non sono ancora superati. Nonostante questo, i trend parlano chiaro: i social sono e saranno in futuro uno strumento capace di offrire infinite possibilità, anche nel mondo del lavoro, soprattutto se utilizzati con un pizzico di astuzia e nelle mani di professionisti.